News 15 Aprile 2009

La rete ed il suo futuro secondo

Quattordici concessionari hanno fondato “Noi” (Nuova Organizzazione Imprenditori). L’ing. Alessandro Proietti, regista e promotore dell’iniziativa, ne presenta le scelte e gli obiettivi , inserendoli in una lettura attenta delle trasformazioni della rete e del mercato petrolifero, non solo nazionale. Nell’ Assemblea degli Associati del 27 e 28 Aprile “Noi” (Nuova Organizzazione Imprenditori) ha dato alle motivazioni che l’avevano fatta nascere, lo scorso gennaio, la struttura e gli strumenti che le consentano di assumere un ruolo di rilievo nel difficile mercato della distribuzione carburanti.<br> Il gruppo è costituito da quattordici imprenditori che operano nel settore della distribuzione carburanti e che condividono con Alessandro Proietti, promotore della iniziativa, gli obiettivi e la lettura del mercato nelle sue prospettive evolutive.Quali sono gli obiettivi del gruppo?L’evoluzione del mercato in questi ultimi anni ha quotidianamente alimentato in molti imprenditori del settore la crescente consapevolezza che il modo di fare business che aveva caratterizzato i decenni precedenti si è andato modificando secondo processi irreversibili. Queste persone si sono dunque poste il problema di come affrontare e gestire il cambiamento verso una nuova realtà dove è giocoforza che i ruoli e le responsabilità dei vari attori siano molti diversi da quelli del passato. Un problema che si pone su due piani diversi: quello per così dire di emancipazione culturale per comprendere l’ importanza di ricercare ed acquisire il know-how necessario per affrontare problematiche più ampie e di diversa natura rispetto alle esperienze di tipo strettamente commerciale e quello di organizzarsi in modo tale da poter disporre delle risorse necessarie per gestire le operazioni in linea con le esigenze del mercato di domani.In termini concreti questo vuol dire che se l’ approccio tipico degli imprenditori privati negli anni passati è stato quello di focalizzare l’ attenzione quasi esclusivamente sulla crescita del volume di vendita attraverso la realizzazione di nuovi impianti o la ristrutturazione di quelli esistenti, perché poi c’era sempre una società petrolifera che oltre a remunerare gli investimenti risolveva tutti gli altri problemi, logistici, marketing, ecc., già al presente, ma certamente nel futuro l’ imprenditore dovrà fare qualcosa di diverso, e di più. Dovrà estendere la propria esperienza oltre i confini culturali e geografici della zona in cui ha sempre operato, per meglio tener conto dei mutati atteggiamenti all’ acquisto del consumatore, delle dinamiche del marketing e della gestione dei prezzi che diventeranno sempre più mirate a seconda del variare delle situazioni, delle strategie di investimento e a buon conto dovrà inoltre affrontare problematiche del tutto nuove come quelle che riguardano il supply e la logistica. Il passo successivo sarà quello di sviluppare una struttura organizzativa adeguata ai cambiamenti che si intendono effettuare laddove la consapevolezza che le risorse dei singoli, anche delle aziende di maggiori dimensioni, sono e saranno sempre inadeguate a fronte alle difficoltà da superare fa pensare che risultati certamente migliori possano essere ottenuti sfruttando le sinergie che derivano dal mettere insieme risorse, fatte di beni materiali e intellettuali, di più persone, più aziende che decidano di lavorare in una logica di obiettivi e strategie comuni.Ma queste reti indipendenti quale ruolo si assegnano: indubbiamente nella lettura dell’”oggi” ci sono intuizioni proiettate sul futuro? Vorrei innanzitutto chiarire un punto per me fondamentale. L’ iniziativa “NOI” non è uno “sponsor” delle reti indipendenti “No Logo” che rappresentano solo un prodotto del momento della particolare evoluzione del mercato che stiamo sperimentando. La finalità alla quale tendiamo è di ben più ampio respiro e vuole essere quella di guardare al futuro, una palestra dove conoscersi, prendere dimestichezza con gli attrezzi, allenarsi insieme per essere preparati alle sfide che ci attendono. In altre parole, “NOI” è una iniziativa che nasce come esigenza di aggregazione, di scambio di esperienze, di formazione, di collaborazione, di consulenza autogestita, espressa da molti imprenditori indipendentemente dal fatto che siano “logo” e intendano rimanere così oppure che siano “no-logo” o parzialmente tali. Detto questo è chiaro che il tema degli impianti “No Logo” è di grande attualità, un fenomeno che ogni giorno di più è all’ attenzione di chi opera in questo settore, … e non solo, per conoscerne i meccanismi, ipotizzarne gli sviluppi futuri. Dunque, se ne può parlare.Le reti indipendenti, senza i colori di una compagnia petrolifera, rappresentano soltanto circa il 2% del mercato. Un segmento fatto di circa 1600 impianti su un totale di 22-23.000 non sarebbe assolutamente degno di attenzione se in questi ultimi anni non fosse stato caratterizzato da una fase di grande espansione tale da suggerire uno scenario del futuro prossimo in cui le reti indipendenti, insieme alla GDO, acquisiranno il ruolo, certamente non di “market leader”, attributo che realisticamente continuerà ad essere di Eni, ma di “price leader” almeno per quanto riguarda un certo segmento di clientela.Come si è giunti a questa crescita di alcuni “no logo” e qual è il loro futuro? Fino a qualche anno fa i privati costruivano impianti e li coloravano con i marchi delle varie società petrolifere, sottoscrivendo un impegno di rifornimento in esclusiva a fronte del quale veniva loro riconosciuta una certa royalty per litro venduto. Si tratta di accordi ancora attuali che danno vita a un mercato molto concorrenziale con le società petrolifere fortemente impegnate ad acquisire, a suon di royalty, maggiori e qualitativamente migliori volumi attraverso gli impianti costruiti dai privati. Una rete gestita di fatto al 100% dalle società petrolifere avrebbe lasciato poco spazio alle iniziative dei privati, ma in ogni caso questi non vedevano alcuna necessità di avventurarsi in iniziative che avrebbero potuto scatenare una pericolosa concorrenza e quindi si limitavano a cercare di migliorare la profittabilità del proprio business sfruttando la concorrenza tra le compagnie petrolifere. Se questa situazione si fosse mantenuta nel tempo le reti indipendenti sarebbero rimaste solo un’ipotesi di fantasia. Fino a poco tempo fa un imprenditore privato in possesso di una buona rete di punti di vendita, per localizzazione, per erogato, per qualità del servizio offerto, era certo che il convenzionamento della sua rete con una società petrolifera primaria voleva dire il poter disporre di un margine che premiava la qualità dell’ investimento fatto senza doversi preoccupare di dover competere sul piano del marketing, e quindi anche dei prezzi, con altri concorrenti recanti o meno lo stesso marchio.Cosa è cambiato? Oggi non è più così perché lo stesso soggetto si trova a competere in un mercato caratterizzato da sconti sul prezzo alla pompa praticati a tutto campo e spesso si riscontrano prezzi palesemente diversi praticati per lo stesso marchio. C’è ancora di più, perché alcune società petrolifere definiscono con i privati accordi di convenzionamento, e quindi indirettamente una strategia di pricing condivisa, ma nello stesso tempo riforniscono in extra rete altri operatori locali, rivenditori, pompe bianche e GDO a condizioni economiche tali da permettere politiche di sconti particolarmente aggressive che il privato, e tanto meno il gestore, vincolati dal contratto di fornitura in esclusiva, non possono assolutamente permettersi. Le reti indipendenti sono dunque nate e si sono sviluppate in questo contesto. Ci sono le condizioni per porre le basi per un forte cambiamento del mercato della distribuzione? Se teniamo l’occhio sul cliente, le rispondo di sì. Il cliente è da sempre indicato come il punto di riferimento fondamentale nelle mission e nelle strategie marketing delle società, ma nei fatti questa mission da sempre è confinata al livello di buona intenzione. Nei fatti molto spesso al cliente è stato offerto qualcosa che in realtà non desiderava affatto, vedi il self service, e negato o limitato quello che magari avrebbe voluto, vedi qualità delle strutture e del servizio e prezzi convenienti e magari anche… comprensibili. Di certo oggi il “nuovo” cliente non prende neppure in considerazione l’argomento qualità. Il consumatore sa che l’origine dei prodotti è concentrata su poche raffinerie e che la distribuzione avviene attraverso un sistema di acquisti e vendite tra fornitori che rende praticamente indifferenziata la qualità del prodotto. Oggi il cliente ha due motivazioni all’acquisto: il servizio e il prezzo. Per quanto riguarda il prezzo il “cliente” si rende conto che il supermercato può utilizzare il carburante come prodotto “civetta”, ma non accetta l’ idea che un imprenditore privato, quello “No logo”ci rimetta per fare un regalo al cliente, non l’operatore locale, non il suo fornitore. Ne consegue che il cliente tende a vedere il prezzo del “No-logo” come quello “vero” cosichè se il privilegiare l’acquisto di carburante a basso costo è certamente figlio di una ovvia necessità contingente, dovremmo cominciare a chiederci se l’ attenzione al prezzo e allo sconto non derivi da una forma di emancipazione culturale del consumatore indipendentemente dalla sua capacità di spesa.Il prezzo più basso non fa pensare a una qualità inferiore, semmai solo a un servizio diverso. Non deve quindi stupire la crescita di indipendenti. Se i “No logo” si diffonderanno al punto da modificare in modo sostanziale e permanente il mercato della distribuzione è una storia tutta da scrivere certamente a più mani tra le quali inevitabilmente quelle dell’ industria petrolifera.Mi spiego meglio.Ci sono dei processi che una volta avviati non possono che progredire in una certa direzione. Il self service, direi anche gli impianti completamente automatici, i cosiddetti “ghost”, sono ormai una realtà, come soprattutto la GDO e le reti degli indipendenti “No logo”. Lasciando da parte self service e “ghost” la diffusione della GDO e dei “No-Logo” dipenderanno anche per il futuro dalle strategie delle società petrolifere. Fino a quando GDO e “NO-Logo” non fossero obbligati ad operare in modo autonomo nelle attività di supply e della logistica e fino a quando tra mercato rete ed extra rete esistesse una differenza che va oltre una comprensibile diversità dei costi operativi il loro sviluppo oltre i numeri attuali sarebbe ampiamente assicurato. Si tratta però di una situazione che potrebbe modificarsi anche all’ improvviso soprattutto riguardo allo spread rete verso l’ extra rete. In questo caso lo sviluppo dei “No logo” potrebbe essere ridimensionato rispetto ai trend attuali oppure realizzarsi in una logica diversa a fronte di una strategia dell’industria petrolifera che preveda il focus su raffinazione e distribuzione primaria lasciando agli imprenditori privati la facoltà di utilizzare un brand proprio per la maggior parte dell’ attività di distribuzione e marketing. Comunque, nel breve–medio termine è ragionevole ipotizzare un’ulteriore diffusione della presenza dei “No logo” se non altro in quelle aree geografiche che per vari motivi sono state finora solo sfiorate da questo fenomeno. Il prezzo quindi come unica determinante per l’ acquisto ? Certamente no. Il servizio, la qualità dell’ offerta, la qualità degli impianti, la modernità delle attrezzature e dei sistemi di pagamento, la professionalità del gestore laddove è presente, l’offerta non-oil hanno, ed avranno, ancora una grande importanza anche nel futuro. Come reagisce il settore a questi cambiamenti? Mi pare evidente, non diversamente da quanto avviene in altri campi, la tendenza all’abbandono di comportamenti basati su obiettivi e strategie di lungo termine, a favore della logica del risultato nel breve termine.Nel complesso il quadro generale è molto confuso, e i protagonisti sembrano muoversi sulla scena in maniera, diciamo, alquanto disordinata.. Una situazione che non può durare a lungo. L’ industria petrolifera italiana ha tutte le carte in regola per confrontarsi con quella di altri paesi per quanto riguarda raffinazione e distribuzione primaria, il lato debole della filiera è rappresentato dalla distribuzione secondaria.Una profonda revisione delle strategie nel settore della distribuzione dei carburanti è ormai in atto come dimostra il sostanziale ridimensionamento degli investimenti diretti, preferendo le società finanziare altri soggetti, i privati, affinché se ne assumano la responsabilità e i rischi. Mi permetto di dubitare della validità di certe scelte strategiche, ma non posso che prenderne atto e, a pensarci bene, nel momento in cui rappresento un gruppo di imprenditori privati vedo la questione come un’opportunità da sfruttare.Sta indicando un vostro preciso interesse?Mi pare ragionevole ipotizzare che il trend attuale diventi strutturale almeno per i prossimi dieci-venti anni, quelli che a noi adesso maggiormente interessano. E’ probabile che nel giro di qualche anno le società petrolifere operino prevalentemente nella raffinazione e nella distribuzione primaria mentre la loro presenza nella rete distributiva risulti limitata al minimo indispensabile per assicurare una qualche conoscenza del mercato e magari la equità del brand. In tale ipotesi i privati andrebbero ad occupare lo spazio lasciato libero dalle società petrolifere nel controllo della rete di distribuzione.Prevede una “contrazione” dei marchi storici?E’ quello che è già avvenuto e non è detto che finisca qui. Recentemente in giro per diverse aree nell’Est degli Stati Uniti mi ha sorpreso il fatto di aver incontrato pochissimi impianti dei brand noti, Exxon Mobil, Shell, Chevron, Texaco, ecc. e moltissimi impianti con marchi tipicamente locali, Midas, Global, Shamrock, Irving, Best, Hess, ed altri che fanno pensare a società indipendenti che pur acquistando i prodotti dalle “major” operano con reti di proprietà con proprie marchi e soprattutto strategie di marketing e di prezzo.In prospettiva da noi potrebbe verificarsi la stessa situazione: la presenza dei brand storici sarà ridotta, circoscritta ad aree geografiche rilevanti in funzione della localizzazione degli stabilimenti produttivi oppure per la loro valenza in termini di immagine corporate. La provenienza dei prodotti continuerà ad essere per la maggior parte quella delle società petrolifere ma l’ attività di commercializzazione avverrà sotto le insegne di una molteplicità di operatori e marchi diversi. Questa fase segnerà il passaggio definitivo a una nuova fase di mercato con la gestione della attività di distribuzione e di marketing nelle mani degli indipendenti.Cosa dovrà cambiare ancora per generare una concorrenza molto aperta?Da parte dell’industria petrolifera si sostiene che la concorrenza è già molto aperta e che per rendercene conto basta guardare alle situazioni reali senza idee preconcette. Condivido questa posizione perché per esperienza diretta è un fatto che le società petrolifere la concorrenza tra di loro se la fanno ed anche dura. Certamente è così in questo particolare momento, che però dura da diversi anni, soprattutto a causa dello sbilancio tra domanda ed offerta che costringe le società a confrontarsi sul piano dei prezzi, della efficienza delle operazioni e quindi del contenimento dei costi operativi, degli accordi per colorare gli impianti degli imprenditori privati, del marketing nelle sue varie forme, delle offerte in materia di carte di fidelizzazione o di credito vero e proprio. Il problema che l’ industria petrolifera si trova ad affrontare in questa materia è quello di operare sostanzialmente in modo corretto senza riuscire a convincere le varie controparti che la contestano.Sostenere che la concorrenza nel mercato esiste non significa comunque negare la necessità di comprendere meglio i meccanismi di calcolo dei costi e ricavi utilizzati dall’ industria petrolifera, e non solo quella italiana. L’ argomento “Platts” di cui si sta molto parlando in questi giorni rappresenta certamente un elemento importante sul quale ragionare e sono certo che il risultato delle indagini avviate dall’ Antitrust offriranno interessanti spunti di riflessione.Indipendentemente da quanto sopra mi sembra abbastanza evidente che per quanto riguarda il mercato italiano sarebbe opportuno trovare il modo per ridurre il controllo della logistica da parte delle società petrolifere. Se non ricordo male il sistema logistico è gestito all’ 80% dalle società petrolifere primarie e come tale è indicato come il vincolo più critico perché chi lo controlla potrebbe condizionare l’ offerta. Onestamente non mi sembra che si tratti di un problema attuale ma potrebbe diventarlo.E’ probabile che la GDO nel prossimo futuro, con la collaborazione o meno delle società petrolifere, si organizzi per acquisire o condividere il controllo di una parte del sistema logistico ma ancora una volta ci troveremmo davanti a un oligopolio per quanto un po’ allargato.La situazione logica sarebbe allora quella di dare vita ad un terzo polo, oltre le società petrolifere integrate ed eventualmente la GDO, gestito dagli indipendenti. In questo modo saremmo davvero in presenza di un mercato più aperto e quindi più libero e concorrenziale.La gestione di un sistema logistico è complessa , occorre unione di forze e competenze…Certamente sì, ma non tanto quanto si potrebbe pensare. La gestione di un sistema logistico presenta varie opzioni che vanno da un minimo ad un massimo impegno. Il tipo di gestione che realisticamente si può prendere in considerazione oggi è qualcosa senza dubbio alla portata di certi imprenditori ed infatti alcuni di questi operano già in qualche modo in questo contesto. E’ altrettanto certo che il singolo non può fare molto sia in termini di vantaggi legati ad una economia di scala sia in termini di potere negoziale, ma è altrettanto ovvio che… un insieme di singoli… può fare molto di più.Cambiamenti molto problematici…E’ vero ma la situazione sta però rapidamente cambiando e nell’ imprenditore privato cresce la consapevolezza della vulnerabilità di un posizionamento troppo individualistico, del rischio dell’isolamento che non gli consente di seguire appieno il senso dei cambiamenti, di avvalersi delle altrui esperienze per allargare il campo delle proprie e soprattutto di sfruttare le possibili economie di scala di un business allargato. Questi imprenditori che sono molto vicini al mercato e molto attenti alle sue dinamiche, certamente molto di più di quanto possono esserlo le società petrolifere che operano su una dimensione nazionale quando non addirittura internazionale per questa loro vicinanza e attenzione si rendono oggi conto che di fronte a certi cambiamenti in atto per cause che sono indiscutibilmente loro estranee, gli schemi tradizionali non sono più adeguati. E’ un passaggio che richiederà ancora qualche tempo ma a mio modo di vedere è ormai ineludibile.Quale sarà il quadro al termine di questi mutamenti? Nei prossimi anni possiamo aspettarci che nella tradizionale filiera fatta di raffinazione, logistica e distribuzione ci sia un graduale scambio e ridistribuzione dei ruoli per arrivare a una configurazione finale dove la raffinazione rimarrà saldamente nelle mani delle società petrolifere, la logistica vedrà un crescente coinvolgimento della imprenditoria privata e la distribuzione sarà per la maggior parte controllata dai privati. Si tratterà di singoli operatori o raggruppati in consorzi e società, che opereranno con i marchi tradizionali ma soprattutto con brand “indipendenti” a testimoniare strategie di vendita flessibili e centrate sulle realtà dei mercati locali. Per evitare brutte figure, sul lungo termine è meglio evitare di esprimersi…